Kashagan: Glasnost kazaka da KMG
Debiti per 2,2 miliardi $, Ebitda negativo per 10 milioni $ per la quota in mano ad Astana. Il Capex a carico del consorzio aumenterà di 6,9 miliardi $. Ma le oil company temono ritardi nella partenza della fase 2.
Operazione trasparenza, con gli investitori e con gli analisti. Per la prima volta, la compagnia di Stato kazaka KazMunaiGas ha reso pubblici nella sua investor presentation i dati finanziari
relativi alla sua partecipazione del 16,8% nel consorzio Ncoc (North Caspian Operating Company), che sviluppa il maxi giacimento di Kashagan. Per la quota, analoga a quella detenuta da Eni, Exxon Mobil, Royal Dutch Shell e Total, la compagnia kazaka ha inscritto a bilancio debiti per 2,2 miliardi di dollari, un ebitda rettificato negativo per 10 milioni di dollari e liquidità per 118 milioni di dollari. Una volta per tutte, mentre gli altri partner sono alle prese con l’impennata dei costi previsti per portare a regime la produzione a Kashagan, viene chiarito anche qual è l’unico aumento accettato dai kazaki: quello del capex a carico dell’intero consorzio, che è atteso in crescita di 6,9 miliardi di dollari.
La glasnost di Astana fa da contraltare alle preoccupazioni delle oil company occidentali, che tornano a temere slittamenti per la fase due del piano di sviluppo del giacimento. A creare problemi, facendo ipotizzare un rinvio di due anni dal 2018 al 2020, è l’operazione di re-iniezione del gas che porterebbe da 370 mila a 450 mila i barili prodotti da Kashagan, impegnando risorse finanziarie extra per oltre 5 miliardi di dollari. Se il rinvio temuto in particolare da Exxon Mobil e Royal Dutch Shell fosse confermato, si sposterebbe in avanti anche il traguardo del break-even, superato il quale i soci del consorzio inizierebbero a vedere remunerati gli investimenti. Una stima colloca ora questo traguardo al 2028, riducendo ulteriormente il tempo utile per realizzare margini, visto che, nonostante le pressioni, Astana non ha ancora fatto sapere se è disposta a prorogare la durata della concessione, in scadenza nel 2041. I partner occidentali del consorzio hanno chiesto di allungarla al 2061, per compensare i ritardi accumulati e gli investimenti più che raddoppiati rispetto alle previsioni iniziali.
Per la fase due ora si parla di circa 46 miliardi di dollari, ma complessivamente il conto finale potrebbe arrivare a 130 miliardi di dollari. Intanto, almeno la data per il cosiddetto first oil dovrebbe essere rispettata, ed entro giugno 2013 il giacimento dei record potrà iniziare la produzione, come ha confermato anche l’ad dell’Eni, Paolo Scaroni. Nelle scorse settimane, ha fatto sapere il governo di Astana, si sono svolti senza incidenti i test pilota. (Milano Finanza – Giovedì 22 Novembre 2012)