Italia ed Eni cercano equilibrio nelle relazioni con il Kazakhstan
Fin dalla sua indipendenza, il Kazakhstan è stato un partner fondamentale per l’Italia. A giocare la parte del leone nei rapporti bilaterali è stata da sempre la sete energetica del Belpaese: oggi l’Italia importa infatti l’85% delle risorse energetiche che consuma. E il mirino di Roma è puntato soprattutto verso la regione centro-asiatica.
I due pilastri della strategia energetica italiana verso i paesi dello spazio post-sovietico sono Azerbaigian (che si classifica al primo posto in assoluto) e proprio il Kazakhstan. Durante la crisi libica è stata Baku a sopperire alla carenza di Roma di fonti energetiche. Una strategia, questa, che sembra però destinata a cambiare. La politica italiana mira infatti a garantirsi l’accesso alle risorse in un’ottica di lungo periodo. I giacimenti kazaki contengono l’1,8% delle riserve mondiali, mentre quelli azeri solo lo 0,4%. Secondo tali stime, le relazioni con Astana assicurano una stabilità più duratura che Baku non è in grado di garantire. Il recente calo di produzione di idrocarburi azeri sembra confermare quanto detto sinora, oltre a rendere necessaria la ricerca di altre e più affidabili fonti.
È stato lo stesso presidente del Consiglio, Mario Monti, a dimostrare quanto la partnership con Astana sia di rilievo per la politica di Roma. Lo scorso marzo, Monti ha trasformato la tappa a Astana – che avrebbe dovuto essere l’ultima tappa del suo viaggio in Oriente – nel primo incontro in agenda. Obiettivo del premier era chiaramente la volontà di consolidare le relazioni bilaterali tra le due parti, dopo che dal 2010 gli scambi commerciali sull’asse Kazakhstan-Italia hanno fatto segnare un costante aumento.
L’attore italiano forse più importante nello scenario kazako è L’ENI. Il “Cane a Sei Zampe” è attivo nel paese sin dal 1992. In questo lungo periodo non sono mancate le frizioni con Astana, non sempre estranee alle questioni politiche. Ultima, in ordine di tempo, è quella relativa al giacimento di Kashagan: l’ENI è responsabile della prima fase di sviluppo del giacimento, nel quale sono impiegati 19.000 operai kazaki, che una volta terminata questa parte dei lavori si ritroverebbero disoccupati. Questa situazione, dal futuro incerto, potrebbe essere la causa delle polemiche che hanno coinvolto il governo kazako a seguito dei continui ritardi nel completamento dei lavori.
Nel 2007 i lavori vennero bloccati per via di una polemica relativa ai danni ambientali derivanti dallo sfruttamento del giacimento di cui, a detta del governo kazako, l’ENI non si stava facendo carico in maniera adeguata. Un accordo singolare ha posto fine a tutti i contenziosi: a partire da giugno 2012, KazMunaiGaz – compagnia petrolifera nazionale kazaka gestita dal genero di Nazarbayev – è entrata a far parte del consorzio KPO (Karachaganak Petroleum Operating BV) responsabile dei lavori a Kashagan con il 10% delle quote. ENI, dal canto suo, ha ottenuto la possibilità di proseguire i lavori senza ulteriori rallentamenti.
Al di là del settore energetico, il Kazakhstan potrebbe offrire importanti opportunità anche alle piccole e medie imprese italiane. Il turismo, l’industria, le infrastrutture e lo sfruttamento delle risorse agroforestali e delle energie rinnovabili sono tutti settori in cui le aziende possono scegliere di investire. Astana ha fatto dei passi in avanti per attirare capitali esteri e offrire migliori condizioni a coloro che intendono addentrarsi nel suo territorio. Una politica che però non ha risolto il problema delle ingenti tasse doganali cui gli investitori esteri devono far fronte.
A partire dal 2002 sono state create nove Zone Economiche Speciali, organizzate per settori di investimento. Esse consentono agli investitori di operare nel paese usufruendo di speciali condizioni. Tutte le imprese che stabiliscono la propria sede in una delle zone franche sono esonerate dalle imposte sul reddito della società, dalle imposte fondiarie e sul patrimonio, dall’imposta sul valore aggiunto.
Diverse aziende italiane – tra le quali ENI, Bonatti, Salini-Todini, Italcementi, Unicredit – hanno scelto di investire in Kazakhstan. I settori individuati sono i più disparati: infrastrutture, gestione immobiliare, moda, vendita dei vini italiani. Nonostante le agevolazioni esistenti per coloro che investono nelle Zone Economiche Speciali, anche le aziende italiane hanno visto i loro utili ridotti drasticamente dalle tasse doganali – un punto su cui esiste un margine di miglioramento per gli scambi commerciali tra i due paesi.
L’interesse tra Roma e Astana esiste, ed è forte. Per l’Italia il Kazakhstan rappresenta una fonte sicura per l’approvvigionamento di risorse energetiche e un’occasione di sviluppo per le piccole e medie imprese. Per il Kazakhstan l’Italia è un importante acquirente delle proprie risorse, un possibile sponsor per la sua inclusione nel mercato europeo e un partner che non interviene nelle questioni di politica interna.
( Daniela Poddesu per http://www.meridianionline.org )