Ancora tensione sui cereali
Lo spettro della crisi alimentare del 2008 si aggira tra gli operatori. Il prezzo di molti prodotti alimentari potrebbe aumentare entro la fine dell’anno. Alla siccità che sta colpendo gli Stati Uniti, la più grave dal 1956 secondo la National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa), si affiancano le revisioni al ribasso delle stime sui raccolti di cerali in Kazakhstan e in Russia.
Il ministero dell’Agricoltura russo, ieri, ha tagliato le previsioni nazionali sul grano del 5,9% a 85 milioni di tonnellate: una siccità «allarmante» sta colpendo l’Asia centrale e le stime sono in fase di revisione costante. Il Paese ha «risorse sufficienti di grano – ha ribadito il ministro dell’Agricoltura russo, Nikolai Fedorov – per evitare un’impennata dei prezzi interni».
Intanto i futures delle commodities agricole restano stabili a livelli elevati, e non accennano a scendere. Quello del mais è balzato del 39% dalla fine di maggio all’altro ieri, quando nel pomeriggio ha raggiunto i 7,73 dollari per bushel (+0,13%) al Chicago Board of Trade (consegna a dicembre). I futures del grano (consegna a settembre) hanno registrato un +0,14 per cento, a 8,85 dollari per bushel. I semi di soia hanno toccato i 15,91 dollari per bushel.
I timori del governo Usa sono legati ad eventuali effetti negativi sull’inflazione e sull’incremento dei costi di mantenimento del bestiame. La carenza di mais e soia sta sollevando preoccupazioni globali sulla scarsità di cibo. Alcuni analisti suggeriscono agli allevatori delle zone colpite dalla grave siccità nel Midwest di togliere il grano dalle razioni alimentari, contro l’aumento dei prezzi nelle zone produttrici. Gli echi della precedente crisi alimentare, quando l’escalation sfociò nelle cronache dell’estate del 2008, vengono accentuati dalle ulteriori revisioni al ribasso delle economie rurali. Nel frattempo gli importatori di cereali restano fermi, in attesa di rigonfiamenti sugli stock nazionali, e aspettano che i prezzi tornino a scendere per tornare in azione.
Il frumento è la quarta più grande coltura degli Stati Uniti, del valore di 14,4 miliardi di dollari nel 2011, dietro a mais, soia e fieno. Ulteriori perdite di raccolto saranno un duro colpo per l’economia rurale statunitense, e taglieranno le esportazioni agricole. I funzionari del Dipartimento nazionale dell’Agricoltura dicono che il 38 per cento del raccolto di mais è in cattive condizioni a causa della siccità. Detto questo, non bisogna sopravvalutare l’impatto sull’economia nazionale del consumo: potrebbero essere necessari alcuni mesi perché i costi di cibo e carne inizino a salire, di conseguenza, nei supermercati. Secondo una stima del Governo Usa, i cereali e le granaglie pesano solo per il 2 per cento sull’indice dei prezzi al consumo degli Stati Uniti.
Negli Stati Uniti le condizioni sono le peggiori dal 1988, quando la produzione di mais scese del 30% in un anno e quella della soia del 20 per cento. «Le colture sono in discesa molto rapidamente – ha detto Greg Grow, direttore dell’Archer Financial Services Inc. di Chicago – e i raccolti si stanno rapidamente avvicinando alle perdite di rendimento del 1988, se il clima non migliora».