Petrolio, Kashagan rischia nuovi ritardi
Lo sostiene il Wall Street Journal, ricordando che lo sviluppo del grande giacimento nel Mar Caspio è già costato oltre 30 miliardi di dollari – Per il consorzio, di cui Eni è un esponente di prima fila, c’è la minaccia di multe per mancate royalties e si profila anche un assottigliamento dei margini.
È un attacco in piena regola, quello sferrato nelle ultime ore dal Wall Street Journal contro il consorzio che deve sviluppare il giacimento petrolifero di Kashagan, il gigantesco deposito al largo delle coste kazake, nel Mar Caspio nordorientale. “Un miraggio costoso” – lo definisce il quotidiano economico – il cui avvio, lungamente atteso, “ancora non si vede”. L’articolo lanciato da alcune ore sul sito del Wall Street sostiene che le società coinvolte, tra cui Eni, Exxon Mobil, Total e Royal Dutch Shell, ancora non sanno quando il giacimento produrrà la sua prima goccia di petrolio, dopo oltre dieci anni di lavori e più di 30 miliardi di dollari investiti nell’impresa. Succederà in giugno, come affermava il mese scorso Paolo Scaroni, ceo di Eni, la società italiana che per anni è stata a capo della cordata e dei lavori per la costruzione degli impianti? Oppure solo genericamente “entro l’anno”, come sostengono altri esponenti del consorzio? Secondo fonti vicine a KazMunaiGas, la statale kazaka che controlla il 20% del progetto, per vedere un significativo flusso di greggio occorrerà aspettare il 2014.
Tre dichiarazioni diverse, ma che in realtà non si smentiscono reciprocamente. Però un eventuale ritardo oltre l’ottobre di quest’anno rischia di avere conseguenze negative per le majors coinvolte, perché il nuovo rinvio del versamento di royalties al governo del Kazakhstan può appioppare al consorzio multe milionarie (e non sarebbero le prime), oltre a creare malumori nei rapporti con il governo locale. Il risultato rischia di essere un progressivo assottigliamento dei margini operativi, ben al di sotto dei livelli auspicati fino a pochi anni orsono. La perdita sarebbe particolarmente pesante se il governo decidesse di non prolungare oltre l’attuale scadenza del 2041 il patto di production-sharing, l’accordo che consente al consorzio di pagarsi direttamente con una quota del greggio prodotto.
Il potenziale di Kashagan comunque resta enorme, secondo gli analisti. Basta fare i conti incrociando i 370mila barili al giorno che si prevede sgorghino nella prima fase di produzione con i 90 dollari al barile dei prezzi registrati attualmente sul mercato fisico. E va poi tenuto conto che ulteriori investimenti potrebbero triplicare l’output. A deprimere le attese sono i problemi che potrebbero nascere dai rapporti tra le società del consorzio e quelli tra esse e le autorità locali. Problemi che hanno già costellato il percorso a ostacoli verso lo sviluppo di un progetto che si è rivelato comunque complesso anche dal punto di vista tecnico.