Il Kazakistan merita l’Orso d’oro a Berlino
Quasi in dirittura d’arrivo (mancano solo due film, uno francese e uno coreano), il Festival ha trovato la sua sorpresa e il suo più serio candidato all’Orso d’oro in Uroki garmonii (Lezioni di armonia) del ventiseienne kazako Emir Baigazin. Un’autentica rivelazione per la maestria della messa in scena, la forza del soggetto e l’eleganza della regia. Il film scava nei comportamenti e nella mente di un adolescente introverso, Aslan, emarginato dai suoi compagni per i suoi comportamenti da ingenuo campagnolo (vive solo con la vecchia nonna) e ossessionato da malattie e possibili contaminazioni. Attraverso di lui scopriamo un mondo di sopraffazione e di illegalità (la scuola è sottoposta alle rigide regole di una banda di piccoli estorsori), di solitudini e contrasti (la compagna mussulmana che vuole portare il chador), di violenze subite e perpetrate (anche sugli animali). Cosicché l’improvviso precipitare della situazione, con il ritrovamento del corpo del giovane boss della scuola e il sospetto che a ucciderlo sia stato proprio Aslan, più che introdurre una nota «poliziesca» nella storia non fa altro che ingigantire e far esplodere la tensione e la violenza su cui sembra reggersi quel mondo, dove un professo re di storia può tranquillamente trasformarsi in un poliziotto torturatore. E ancora una volta è la forza delle immagini (qui giocate sul contrasto tra l’eleganza delle inquadrature e la rabbia repressa del protagonista) a fare la vera forza di un film e a «svegliare» l’attenzione dello spettatore di fronte alla marmellata di immagini che fluisce nei festival.